L’AI nella mediazione creditizia, parte 2: rischi e trappole da evitare

L'AI nella mediazione creditizia, parte 2: rischi e trappole da evitare

In un precedente articolo sull’impatto dell’intelligenza artificiale (AI) nel mondo della mediazione creditizia, abbiamo affrontato il tema citando alcuni esempi pratici per semplificare e ottimizzare il proprio lavoro, dalla gestione documentale all’analisi di dati complessi per avere un quadro generale della situazione creditizia di un cliente.

Quando si parla di AI, ciò che balza subito all’occhio è il fatto che tali strumenti sono semplici, rapidi e incredibilmente seducenti da usare.

Dunque, cosa mai potrebbe andare storto utilizzandoli? Allo stato attuale, parecchie cose.

Ogni volta che i media affrontano il tema dell’intelligenza artificiale, mettono in evidenza i rischi legati a uno sviluppo eccessivo di tale tecnologia, inclusa la preoccupazione che i computer possano sviluppare un’autocoscienza e sottomettere l’uomo.

Purtroppo, ad oggi, per un consulente creditizio i rischi nel quotidiano sono molto più probabili che una possibile futura apocalisse informatica e buona parte è inerente alla perdita di credibilità e della buona reputazione guadagnata nel tempo.

Infatti, nel campo del digital marketing, è sempre stato fondamentale pubblicare contenuti di alta qualità che riflettano la competenza dell’autore. Un consulente del credito attivo sul web viene considerato un’autorità nel settore, il che può portare benefici significativi al suo lavoro.

Accorgersi che i testi sono generati da un’AI, un’operazione tutt’altro che difficile anche per chi non è esperto in materia, genera un effetto opposto e il firmatario viene bollato come poco competente. Altrimenti perché avrebbe utilizzato tale tecnologia?

Il cliente potrebbe cominciare a mettere in dubbio la qualità del servizio offerto dal consulente e, di conseguenza, la presunta capacità di ascoltare e comprendere le sue esigenze, aspetto che tradizionalmente costituisce il punto di forza del lavoro di un buon consulente del credito.

La credibilità del professionista e la sua reputazione professionale sono messe a dura prova ancora di più da un aspetto molto sottovalutato dell’AI, vale a dire il rischio che commetta errori concettuali (o numerici) evidenti.

Infatti, un’AI non è in grado di verificare la correttezza e la coerenza delle informazioni che genera, né di adattarsi al contesto e alle specificità di ogni caso. Non a caso, qualunque strumento o piattaforma di AI tiene subito a specificare come “il contenuto generato potrebbe non essere corretto”.

L’AI potrebbe usare informazioni datate o, ancor peggio, coprire lacune concettuali con frasi che sembrano appropriate ma che potrebbero celare dati sbagliati, contraddizioni o approssimazioni tali da mettere in dubbio la validità dei contenuti. Se mal governata, un’AI può difendere a spada tratta il concetto che 2+2 equivalga a 5. Ciò genererebbe documenti che, se pubblicati sul web, darebbero luogo ad una brutta figura. Inutile dire cosa accadrebbe in termini di catastrofe reputazionale qualora venissero usati in una pratica di credito.

Dunque, per usare l’AI in modo efficace e sicuro, il consulente deve sempre verificare e controllare i testi generati, correggendo eventuali errori, integrando eventuali lacune, adattando il tono e lo stile al pubblico e al contesto e, soprattutto, aggiungendo il proprio tocco personale e umano, che fa la differenza tra un testo anonimo e uno autentico.

Solo in questo modo il consulente potrà creare contenuti di alta qualità che riflettano la sua professionalità e la sua reputazione e contribuiscano al raggiungimento dei suoi obiettivi aziendali, mantenendo sempre presente l’aspetto umano che distingue i collaboratori di Euroansa.

L’AI è un mezzo, non un fine, e il vero valore aggiunto è sempre il consulente creditizio stesso.

Autore: Massimo Cappanera

Consulente in comunicazione digitale e web marketing

Biografia dell’autore

Massimo Cappanera Consulente in comunicazione digitale e web marketing
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